Spiegazione e illustrazione della ricercatrice  del CNR di Bologna Vittoria Cenni.

La ricerca scientifica sulle malattie genetiche è finalizzata all’identificazione di trattamenti per contrastare l’insorgenza e la progressione della malattia. Il raggiungimento di questo traguardo avviene attraverso il superamento di diversi livelli di conoscenza di seguito elencati:

  1. Il primo livello consiste nell’individuare i meccanismi molecolari della patologia  responsabili dell’alterazione del funzionamento di alcuni processi nella cellula. Questi ultimi rappresentano la  chiave per la vita e il loro normale funzionamento. 
  2. Una volta individuate queste alterazioni, si intraprende il secondo passo, nel quale mediante trattamenti farmacologici si prova a ristabilire il corretto funzionamento dei processi alterati della cellula (identificati nel primo livello). La validazione dell’efficacia dei farmaci viene condotta in laboratorio mediante l’uso di modelli cellulari (cosiddetta sperimentazione in vitro), e successivamente di modelli animali (cosiddetta sperimentazione in vivo). Questa fase può rivelarsi particolarmente complessa perché il lavoro effettuato in laboratorio, in particolari condizioni sperimentali, implica l’assenza di alterazioni di alcune funzioni della cellulari presenti invece in altre e differenti condizioni. Ciò può portare il ricercatore a conclusioni fuorvianti. 
  3. Quando i risultati si dimostrano inequivocabili, si passa finalmente alla sperimentazione clinica vera e propria. I criteri che regolano l’arruolamento dei pazienti, del loro numero e delle modalità di esecuzione e di somministrazione del farmaco sono stabilite da autorità competenti, come ad esempio l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) o la FDA (Food and Drug Administration).

Oltre all’attività dei biologi cellulari e molecolari, gli studi preclinici, e in particolare quelli condotti in vitro, si avvalgono del contributo di neurologi, chirurghi e  bioinformatici. In alcuni casi sono coinvolti anche scienziati esperti nel campo della medicina e delle nanotecnologie.

Relativamente alle malattie da deficit di collagene VI, l’attività di ricerca inizia generalmente in sala operatoria, quando il chirurgo preleva una piccolissima porzione di tessuto (solitamente cute, tendine o muscolo) da donatori controllo (pazienti non distrofici, ricoverati in ospedale per svariati tipi di traumi avvenuti in seguito ad incidenti stradali, domestici o altro) o da pazienti affetti da mutazioni dei geni che producono il collagene VI. E’ importante sottolineare che il prelievo e l’uso di materiale biologico a scopo di ricerca è vincolato dal previo consenso informato firmato dal donatore. 

Nei casi in cui il ricercatore voglia estendere o includere nello studio i modelli animali, una certa quantità di tessuto può essere prelevata da animali wild type (sono animali che non presentano alcuna mutazione genetica e sono pertanto considerati non malati ed utilizzati come campioni controllo da confrontare con animali che non esprimono il collagene VI) o da animali che, attraverso tecniche d’ingegneria genetica, non producono più il collagene VI. 

Gli animali principalmente utilizzati in questi studi sono topolini, ma anche pesciolini zebrati (Danio Rerio). L’uso dei modelli animali si rende necessario quando si vogliono esplorare le conseguenze della completa assenza del collagene VI sulla funzionalità, morfologia e performance degli organi maggiormente colpiti, o quando si vuole testare l’efficacia di farmaci e trattamenti innovativi.

I prelievi dei tessuti possono essere processati immediatamente per valutazioni sperimentali (leggere più avanti), o conservati in azoto liquido (-210°C) o in formaldeide per valutazioni future. In alternativa, attraverso protocolli sperimentali standardizzati, i frammenti tissutali possono essere impiegati per la produzione di colture cellulari primarie. Ad esempio, dal muscolo si otterranno colture di cellule muscolari (mioblasti) e fibroblasti muscolari, dalla cute fibroblasti cutanei, e dal tendine i tenociti e fibroblasti di tendine. Solitamente la purezza di queste colture viene confermata attraverso la presenza di proteine espresse in modo peculiare. 

In laboratorio, le cellule crescono e si riproducono all’interno di incubatori alla temperatura costante di 37°C, grazie a cocktail ricchi di vitamine e fattori di crescita. La capacità proliferativa delle cellule in coltura non è infinita, pertanto è molto importante farne un uso scrupoloso. Per eliminare questa problematica, nei casi in cui sia possibile, si possono utilizzare delle cellule immortalizzate (definite “linee cellulari”) con caratteristiche simili a quelle dei tessuti, acquistabili da aziende certificate. 

Allo scopo di caratterizzare le proprietà morfologiche e funzionali delle cellule o dei tessuti dei pazienti, per comprendere i meccanismi patogenetici causati dal deficit di collagene VI in risposta a particolari stimoli meccanici o trattamenti farmacologici, o per testare l’efficacia di specifici farmaci, le cellule od i tessuti possono essere sottoposte ad una serie di indagini sperimentali. 

Di seguito sono elencate quelle maggiormente utilizzate: 

  • Microscopia Elettronica (ME) a Scansione o a Trasmissione. Questo approccio permette di cogliere alterazioni morfologiche dell’ordine dei nanometri. Per rendere l’idea, le dimensioni di una cellula di tendine si aggirano intorno ai 100 micrometri che corrispondono a 100.000 nanometri.
  • Microscopia a fluorescenza e confocale (IF). Attraverso queste tecniche, siamo in grado di valutare alterazioni molto piccole, sebbene non come quelle risolte dalla microscopia elettronica, ed in alcuni casi elaborare delle immagine tridimensionali delle strutture che si osservano. Queste indagini si possono avvalere di reazioni immunologiche (ovvero reazioni biochimiche mediate da anticorpi che aiutano il ricercatore ad individuare selettivamente alcune molecole di interesse) e di sonde fluorescenti, che permettono di individuare selettivamente alcune proteine o organelli all’interno della cellula, ed eventualmente altre molecole a cui si legano.
  • Biochimica (WB). Attraverso queste tecniche siamo in grado di analizzare e quantificare le alterazioni in termini di espressione e attività di singole proteine, tra cui quelle del collagene VI, o quelle coinvolte in meccanismi di segnale associati alla proliferazione, al differenziamento o alla staminalità delle cellule.
  • RT-qPCR. Queste tecniche permettono di valutare il livello di espressione di geni che codificano (negli esseri viventi, i geni, che sono sequenze di DNA, vengono utilizzati come stampi per produrre le proteine, seguendo le regole del codice genetico. Le proteine sono costituite dalla successione di diversi aminoacidi (in tutto 20). Ogni aminoacido corrisponde in modo specifico a una combinazione di tre molecole di DNA, definita tripletta) per proteine chiave o di micro-RNA, piccolissime molecole in grado di modulare l’espressione di altri geni.  
  • Analisi High-Throughput (HTS). Si tratta di tecniche bioinformatiche estremamente avanzate che permettono di esaminare simultaneamente un numero enorme di dati ottenuti mediante approcci di genomica, trascrittomica e proteomica (il suffisso “-omica” definisce un grande insieme di dati relativi in questo caso a geni, trascritti (gli RNA prodotti dai geni) e proteine..

Riassumendo: La ricerca scientifica permette di esplorare e caratterizzare ciò che regola l’insorgenza e la progressione delle malattie da un punto di vista microscopico e molecolare, ed è alla base della sperimentazione clinica. E’ importantissimo credere e sostenere in ogni modo la ricerca anche quando non sembra portare a scoperte sensazionali: un’evidenza apparentemente insignificante può rappresentare la chiave di volta per raggiungere grandi risultati. 

Vittoria Cenni

Ricercatrice dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Bologna
vittoria.cenni@cnr.it

1 Il tessuto è un insieme di cellule altamente specializzate che garantiscono il suo mantenimento e le sue funzioni. I tessuti sono composti anche da una sostanza amorfa, chiamata matrice extracellulare, o ECM, che è prodotta e rilasciata dalle cellule del tessuto, e che svolge un ruolo strutturale, di protezione e di trasmissione di segnali meccanici e biochimici tra le stesse cellule. Nelle patologie da deficit di collagene VI, che è una proteina della ECM, i tessuti maggiormente colpiti sono il connettivo, che comprende derma, legamenti e tendini, e il muscolare. 

2 Proliferazione, differenziamento e staminalità: La proliferazione è la capacità delle cellule di duplicarsi in seguito a particolari stimoli proliferativi che si attivano durante la crescita o il potenziamento del tessuto a cui appartengono, o in seguito ad un trauma del tessuto. Il differenziamento è la capacità delle cellule di acquisire funzioni ben definite. Bisogna ricordare che le cellule differenziate perdono la capacità proliferativa. La staminalità, infine, è la capacità di alcune cellule “dormienti” di riprendere a proliferare e differenziarsi assicurando il ripristino di porzioni di tessuto molto danneggiato.