Il gruppo di pazienti ha promosso il Congresso sulle miopatie da deficit del Collagene VI giunto oramai alla sua ottava edizione centrando il focus principalmente sui progetti e progressi nell’ambito della ricerca scientifica per rallentare i sintomi della malattia.
La conferenza è tenuta come di consueto a Bologna presso l’Aula Manzoli dell’Istituto di Ricerca Codivilla-Putti (Via Barbiano 1/10) e ha visto la partecipazione dei clinici e ricercatori di Fondazione Telethon, dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova e dell’Istituto di Genetica Molecolare, CNR. Per visionare il programma clicca qui! Il gruppo dei pazienti affetti da deficit del Collagene VI prende forma nel 2008 in concomitanza della Sperimentazione Farmacologica, la Dieta AProteica Normo-calorica diretta dal team del Dottor Merlini. Per un intero anno, una volta al mese, in una sala d’attesa dell’Istituto Ortopedico Rizzoli a Bologna 8 pazienti iniziano a conoscersi e a formare un ristretto gruppo di condivisione in attesa del loro turno per le periodiche analisi: Fulvio, Santo, Enrica, Patrizia, Valentina, Giulia, Nicholas e Maria Grazia.
Tuttavia, è solo dopo alcuni anni che nasce l’Associazione vera e propria. A seguito dell’incontro di Cecilia, Giulia e Patrizia si procede finalmente alla stesura e firma dell’Atto Costitutivo e dello Statuto in data 28 maggio 2017. A inizio 2017 l’Associazione contava 57 soci iscritti di cui 26 famiglie. A fine esercizio 2023 contava 131 soci iscritti di cui 69 famiglie. Si stimano in Italia circa 600 individui affetti. In Europa circa 4043 individui affetti.
In questi sei anni di associazionismo sono stati raggiunti risultati importanti ma quello che è certo è che l’Associazione ha ancora molte idee e buoni propositi in mente, consapevole del fatto che il percorso per garantire un miglioramento della qualità di vita dei pazienti risulta ancora lungo. La formalizzazione del gruppo di pazienti Col6 e la creazione di un’associazione vera e propria sono stati passaggi obbligati per diverse ragioni ma soprattutto per acquisire maggior visibilità nel mondo delle associazioni di pazienti e dei meccanismi di organizzazione e finanziamento delle sperimentazioni cliniche per le malattie rare. Troppo spesso dimenticate dentro il grande calderone delle patologie neuromuscolari, a volte non vengono neanche prese in considerazione al momento della diagnosi. Perché sì! Se nessuno ti rappresenta, non esisti, e così era per le rare patologie da deficit del collagene sesto.
È possibile contattare l’associazione usando la mail col6italia@gmail.com
Miopatie da deficit di COL6. Resoconto clinico e della ricerca. 69 pazienti in 30 anni (1994-2024). Luciano Merlini.
Ho pubblicato nel 1994 i dati clinici (in particolare forza muscolare e retrazioni) delle prime 2 famiglie Italiane affette da miopatia di Bethlem con rispettivamente 8 e 9 pazienti su tre generazioni. Nel 1995 a Padova vado a visitare il topolino con deficit di COL6A1 del prof. Paolo Bonaldo e riscontro che in effetti ha sia debolezza muscolare che retrazioni e rappresenta quindi il perfetto modello animale della miopatia. In quella occasione la dr.ssa Patrizia Sabatelli si fa dare un topolino da esaminare al microscopio elettronico sul cui muscolo trova un risultato inatteso. Torniamo quindi a PD e Paolo Bonaldo coinvolge il prof. Paolo Bernardi che sospetta un coinvolgimento del mitocondrio, la fabbrica energetica del muscolo, nel causare la malattia.
Ci sono voluti però ben 4 anni (1999-2003) di intensa ricerca e di continuo supporto del Telethon per arrivare alla dimostrazione che la miopatia le fibre muscolari del topolino hanno una patogenesi mitocondriale responsabile , che causava la morte fibre muscolari per apoptosi (morte geneticamente programmata delle cellule) e che nel topolino la miopatia è , che in quel modello poteva essere trattata-correggibile dalla con la somministrazione di ciclosporina A (CsA). Ci sono poi voluti altri 4 anni (2003-2007) per dimostrare che le stesse alterazioni mitocondriali e nucleari erano presenti anche nel muscolo dei pazienti (4 UCMD e 1 BM) e che queste alterazioni potevano essere corrette nelle cellule in coltura sia dalla CsA che dal Debio025 (farmaco quest’ultimo che previene la disfunzione mitocondriale senza inibire la calcineurina e senza quindi avere un effetto immunosoppressore).
Nell 2008, a Ferrara, presso la genetica medica diretta dalla prof.ssa Alessandra Ferlini e con il supporto del dr. Andrea Franchella, della chirurgia pediatrica, portiamo a termine un primo trial su 5 pazienti (2 BM e 3 UCMD). Nella loro prima biopsia era evidente sia la disfunzione mitocondriale che il frequente danno nucleare (l’apoptosi delle fibre muscolari). Nella seconda biopsia effettuata dopo un mese di CsA (5 mg/kg di peso corporeo in 2 dosi giornaliere) entrambe le alterazioni mitocondriali e nucleari risultarono in larga parte corrette. Inoltre nei pazienti più giovani si osservava una aumentata rigenerazione muscolare. Tra il 2008 e il 2011, sempre a Ferrara, abbiamo proseguito il trattamento con CsA nei 3 giovani con UCMD e in 3 nuovi. Abbiamo potuto verificare che il trattamento era ben tollerato, e migliorava la forza muscolare in 5 pazienti su 6, ma non la funzione respiratoria.
Nel 2010 ulteriore passo avanti verso la comprensione dei meccanismi che causano la sofferenza dei muscoli nelle miopatie da deficit di COL6. Il gruppo di Bonaldo scopre che l’autofagia, cioè la capacità delle cellule di degradare il materiale cellulare danneggiato e riutilizzarlo per produrre energia e per costruire nuovi componenti cellulari, è nelle miopatie COL6 insufficiente. 24 ore di digiuno sono sufficienti nel topolino normale per attivare l’autofagia, non però nel topolino miopatico. La scoperta è che 30 ore di digiuno o una dieta ipoproteica per 4 settimane attivano l’autofagia e rispristinano la sopravvivenza delle fibre muscolari e migliorano le alterazioni distrofiche nei topolini.
Tra il 2011 e il 2013, a Bologna dove ero ritornato e grazie al supporto del prof. Cesare Faldini, Direttore della 1 a Clinica Ortopedica, facciamo un trial clinico in 7 pazienti adulti (6 BM e 1 UCMD) che comporta l’assunzione di una dieta ipoproteica per 1 anno. Sotto lo stretto controllo dei nutrizionisti Massimo Pellegrini e Silvia Toni riusciamo a mantenere in dieta i pazienti per questo lungo periodo. Il risultato è stato molto positivo, la dieta è stata capace di attivare l’autofagia, di diminuire significativamente le alterazioni delle fibre muscolari e di migliorare la funzione mitocondriale.
Finalmente abbiamo ora pubblicato la casistica più numerosa di pazienti con deficit di COL6 e provenienti da un singolo centro. La casistica comprende tutti i 69 pazienti con miopatia da deficit di COL6 che ho esaminato (33 con BM, 24 con UCMD, 7 con fenotipo intermedio e 5 con miosclerosi). In particolare abbiamo documentato che solo 1/3 dei pazienti Bethlem aveva una forza di estensione del ginocchio maggiore del 50% del normale e soprattutto che il muscolo flessore del gomito, il bicipite, era il più debole in assoluto dato che solo 1 paziente su 10 aveva ancora una forza maggiore del 50% del normale. Tale informazione deve essere tenuta in considerazione nella programmazione di futuri trial anche per la scelta del muscolo su cui fare la biopsia. Caratteristica dei pazienti con miosclerosi è che le retrazioni coinvolgono tutti i muscoli che attengono ad ogni singola articolazione riducendone così in modo marcato la mobilità e la funzione.
Anche l’apertura della bocca è molto ridotta. L’analisi di immunofluorescenza del collagene VI, in particolare in quei pazienti che hanno effettuato più biopsie a distanza di tempo, hanno mostrato un risultato sorprendente che troverete nell’abstract di Patrizia Sabatelli. Per riassumere il gruppo che mi piace chiamare “Dream Team” e composto dal topolino di Bonaldo, dai 69 pazienti, e dai ricercatori che ho ricordato insieme alle loro specifiche scoperte, ha prodotto in questi 30 anni più di 60 pubblicazioni, coinvolgendo più di 250 ricercatori di diverse parti del mondo, e realizzato i primi 3 trial clinici riguardanti le miopatie da deficit di COL6.
Take home message: più sappiamo meno sappiamo. C’è ancora molto da scoprire, molta ricerca di laboratorio e clinica da portare avanti insieme. L’ultima scoperta è stata fatta dai nostri pazienti. Loro si sono accorti che un disturbo del cuoio capelluto (prurito e alopecia) era tra di loro comune e quindi verosimilmente collegato al deficit di COL6. D’altra parte il collagene VI è presente nella matrice extracellulare di tutti i tessuti del corpo c’è quindi da aspettarsi nuove sorprese, anche positive. Nel senso che se il disturbo è diffuso ma si si manifesta in un numero ridotto di tessuti (muscolo, cute, tendini ..) vuol dire che l’organismo in molte situazioni riesce a compensare alla mancanza di questo collageno e quindi c’è la possibilità di incrementare e diffondere questa capacità. Per fare ricerca occorrono passione, buoni ricercatori e molto denaro, ma non basta. Occorrono buoni modelli animali e soprattutto biopsie dei tessuti di interesse sulle quali continuare a cercare. Come vedete cari pazienti siete sempre voi centrali nella ricerca.
Collagene VI e fibrosi del grasso viscerale di soggetti affetti da obesità – Sergio Castorina et al.
Il tessuto adiposo dei soggetti affetti da obesità è caratterizzato da infiammazione cronica di basso grado e fibrosi (Vidal-Puig, A. et al Endocrinol. 2013, Marcelin et al JCI 2019). Mentre la patogenesi e le conseguenze cliniche dell’infiammazione cronica di basso grado sono ben note, il ruolo della fibrosi è ancora controverso e dibattuto anche se alcuni lavori supportano una correlazione tra fibrosi del grasso viscerale e dismetabolismo glicolipidico (Guglielmi et al Nutrition and Diabetes 2015, Hasegawa et alCell Metab 2018). Il grasso degli esseri umani affetti da obesità contiene principalmente tre tipi di collagene: I, III e VI (Sun et al Cell Metab 2013, Chen et al Obesity 2021). Mentre il ruolo del collagene I e III è strettamente correlato alle classiche conseguenze meccaniche della fibrosi, il ruolo del collagene VI è molto più complesso e non del tutto compreso (Khan et al Mol Cell Biol 2009, Pasarica et al J Clin End Metab 2009, Dankel et al Obesity (Silver Spring) 2014, McCulloch Endocrinol 2014). Il collagene VI è espresso ubiquitariamente nel corpo umano, ma principalmente nella matrice extracellulare del tessuto adiposo (Crewe et al JCI 2017, Datta et al JCI 2018).
Abbiamo studiato le biopsie del grasso sottocutaneo e viscerale di 50 pazienti obesi sottoposti a chirurgia bariatrica e di 15 pazienti di controllo magri. La morfometria dei vetrini colorati con Sirius Red ha mostrato una fibrosi del grasso significativa solo nel viscerale in linea con i dati di altri studi (Marcelin et al JCI 2019, DeBari et al Int J Mol Sci 2020, Marcelin et al Ann Rev 2022). Come previsto, l’espressione dei geni Col I e III era aumentata nel grasso viscerale, ma il Col VI era ridotto. Biopsie del tessuto adiposo di due rari pazienti portatori di mutazioni genetiche del collagene VI (Col6a2) che inducono l’assenza totale (sindrome di Ullrich) o parziale (sindrome di Bethlem) del collagene VI (a2) hanno mostrato elevati livelli di fibrosi confermando l’importanza della riduzione del Col VI a2 nella fibrosi del grasso. Un’alta percentuale di adipociti ipertrofici è risultata negativa alla perilipina 1 (PLIN1) con una forte correlazione con la percentuale di fibrosi, suggerendo che anche fibrosi e infiammazione potrebbero essere innescate da questo fenomeno.
Miofibroblasti e preadipociti sono stati indicati come fonte importante di fibrosi grassa (Marcelin et al Ann Rev 2022). I dati ultrastrutturali del nostro studio suggeriscono una co-partecipazione diretta delle cellule adipose nella produzione di collagene, quindi abbiamo utilizzato un modello ben noto di cellule adipose umane (hMADS) (Rodriguez et al BBRC 2004, Rodriguez et al Biochimie 2005) per vedere la produzione di collagene in vitro in condizioni normali e obese. I dati supportano un ruolo diretto per la produzione di collagene da parte delle cellule adipose normali e ipertrofiche rispetto ai fibroblasti dermici umani.
Le correlazioni con l’espressione genica e i dati clinici supportano un ruolo anche per altre fonti di fibrosi del grasso (miofibroblasti e riduzione della prolidasi) e una relazione tra fibrosi del grasso viscerale e parametri metabolici glucolipidici, in linea con i dati anche di altri studi (Marcelin et al JCI 2019, Pellegrinelli et al Nat Metab 2022).
Nuovi modelli umani 3D per studiare le malattie da deficit del collagene VI Francesco Saverio Tedesco – f.s.tedesco@ucl.ac.uk
Il muscolo scheletrico è un tessuto complesso composto da miofibre multinucleate supportate da più tipi di cellule, compromesse in gravi malattie neuromuscolari incurabili come le distrofie muscolari. La mancanza di modelli robusti e umanizzati è un ostacolo importante allo sviluppo di nuove terapie neuromuscolari, tra cui le terapie geniche.
Per affrontare questa sfida, abbiamo sviluppato modelli umani 3D di tessuto muscolare scheletrico, che consentono di ricapitolare i diversi difetti morfologici e funzionali dei compartimenti tissutali compromessi nelle distrofie muscolari, con un focus sulle forme gravi e precoci note come distrofie muscolari congenite (CMD). Questi modelli muscolari 3D sono stati sviluppati usando diversi tipi di cellule staminali umane in grado di generare cellule muscolari, neurali e vascolari, e poi combinate all’interno di biomateriali per generare impalcature di miofibre allineate contenenti reti vascolari e motoneuroni.
I muscoli ingegnerizzati ricapitolano le caratteristiche morfologiche e funzionali del muscolo scheletrico umano, fornendo una piattaforma ad alta fedeltà per studiare la patologia muscolare, come l’emergere di nuclei dismorfici in una grave CMD causata da lamine nucleari mutanti (chiamata CMD correlata a LMNA, L-CMD).
Per convalidare ulteriormente questo approccio, abbiamo quindi affrontato una delle forme più comuni di CMD: quelle causate da mutazioni nei geni che codificano componenti cruciali della matrice extracellulare (ECM) come il collagene di tipo VI (ColVI). Nonostante la disponibilità di modelli di topi e di colture cellulari primarie, questa famiglia di distrofie correlate a ColVI, inclusa la più grave distrofia muscolare congenita di Ullrich (UCMD), rimane poco compresa e incurabile.
Pertanto, abbiamo sviluppato un nuovo modello 3D di muscolo umano con la sua ECM in grado di riflettere l’ambiente cellulare spazio-temporale di entrambi i tessuti nativi umani. Questo nuovo modello riepiloga le caratteristiche clinicamente rilevanti delle UCMD, tra cui contratture muscolari/articolari e contrattilità muscolare compromessa, che altrimenti non sarebbero state rilevate nei modelli convenzionali basati su colture cellulari in 2D (monostrato). Infine, presenteremo dati recenti a supporto della rilevanza terapeutica e del potenziale di queste nuove piattaforme per lo sviluppo di terapie geniche, tra cui il recente progetto MAGIC (www.magic-horizon.eu).
Nuovi risultati (inaspettati) nelle biopsie di muscolo e nel cuoio capelluto di pazienti affetti da miopatie da collagene VI.
Patrizia Sabatelli, microscopista dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR, presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, ha riportato uno studio retrospettivo sulle biopsie muscolari di pazienti con diagnosi genetica e clinica di miopatia da collagene VI, raccolte in trent’anni di collaborazione con il Dott. Luciano Merlini presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
In particolare lo studio consiste di 57 biopsie muscolari ottenute da 37 pazienti, fatte a scopo diagnostico, oppure prelevate in occasione di trial clinici e di interventi chirurgici ortopedici. L’analisi del collagene VI ha mostrato che esiste una stretta correlazione tra gravità della malattia e deficit di collagene VI, ed ha confermato i quattro pattern immunoistochimici (normale, lieve riduzione, marcata riduzione, tracce/assenza) fino ad ora documentati in letteratura. Tuttavia, questo studio ha mostrato anche che nelle biopsie ripetute nello stesso paziente a distanza di diversi anni, il deficit di collagene era molto meno pronunciato rispetto a quello della prima biopsia.
Questo dato, del tutto inaspettato, potrebbe indicare che vi è un effetto tempo-dipendente della regolazione del collagene VI, e che all’effetto della mutazione sulla sintesi della proteina si aggiungono altri meccanismi al momento sconosciuti che andrebbero approfonditi. La variabilità di espressione del collagene VI a distanza di anni andrebbe tenuta in considerazione nei trial clinici che hanno come obiettivo il ripristino della proteina (es. correzione del difetto genetico). Un nuovo fenotipo dei difetti di collagene VI, fino ad ora sottovalutato, è quello del cuoi capelluto.
I pazienti che ne soffrono riportano prurito e perdita di capelli. L’analisi clinica, tricoscopica e istologica fatta dalle dottoresse Bianca Maria Piraccini e Michela Starace della Clinica Dermatologica dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, e pubblicata nel 2023 su International Journal of Molecular Science, ha mostrato alterazioni compatibili con una diagnosi di psoriasi e di follicolite decalvante. Al momento non si conosce il ruolo del collagene VI nel cuoio capelluto e come la sua alterazione possa interferire con la vita del capello.
Questo è il motivo per il quale all’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Bologna, grazie al sostegno dell’Associazione COL6 Italia, abbiamo uno studio in corso che ha lo scopo di esaminare le alterazioni del follicolo pilifero dei pazienti e di esplorare come il collagene VI si relaziona con le varie componenti del cuoio capelluto.
Alterazione della risposta meccanica in cellule di tendine con deficit da Collagene VI – Vittoria Cenni, IGM-CNR, Bologna Italy vittoria.cenni@cnr.it
La meccanotrasduzione è un processo biologico attraverso cui le cellule di un organo o tessuto convertono gli stimoli meccanici in segnali biochimici. In altre parole, è il meccanismo che permette alle nostre cellule di sentire e rispondere a forze fisiche, come la pressione, lo stiramento o il movimento. Alla base della meccanotrasduzione ci sono dei recettori specializzati, chiamati meccanosensori, che sono in grado di rilevare le forze meccaniche e di trasmetterle all’interno della cellula.
Questi recettori possono essere presenti sulla membrana cellulare o all’interno del citoplasma. Quando un meccanorecettore viene stimolato da una forza meccanica, subisce una variazione conformazionale che innesca una cascata di reazioni biochimiche all’interno della cellula. Queste reazioni permetteranno di coordinare numerosi processi fisiologici quali la proliferazione, il differenziamento o la migrazione. Nel nostro organismo, i tessuti maggiormente esposti alla stimolazione meccanica sono quelli che partecipano alla formazione dei muscoli, dei tendini della pelle, della cartilagine o delle ossa, ma anche dei vasi sanguigni.
L’alterazione dei processi molecolari alla base della meccanotrasduzione può avere effetti devastanti sul corretto funzionamento di questi tessuti. L’intensità dello stimolo meccanico viene propagata mediante la matrice extracellulare (ECM), in particolare attraverso la modulazione delle caratteristiche chimico-fisiche dei suoi costituenti. Il Collagene VI è un componente della ECM, e le mutazioni del Collagene VI si ripercuotono negativamente sull’organizzazione di tutta la ECM.
Il nostro studio cerca di approfondire i meccanismi molecolari attraverso cui lo stimolo meccanico, in presenza di una ECM alterata dall’assenza del Collagene VI viene trasmesso nelle cellule dei tendini. I nostri risultati indicano che la presenza di mutazioni dei geni COL6 non permette ai meccanosensori delle cellule dei tendini dei pazienti affetti da COL6-DM di avvertire e trasmettere adeguatamente lo stimolo, con gravi ripercussioni sulla qualità della risposta e sulla funzione muscolare.